LA MEGLIO GIOVENTU’
MUSICA DA ASCOLTARE: HOUSE OF THE RISING SUN – THE ANIMALS
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Ho sempre apprezzato rivedere il film di Marco Tullio Giordana “La meglio gioventù”, sin da adolescente quando lo vidi per la prima volta, ma il vero senso di quel film ho cominciato a capirlo solo adesso.
Era un pomeriggio di Agosto di qualche anno fa, faceva caldo molto caldo ed il mio professore di Enologia dell’Università di Teramo mi mandò un giovane candidato tirocinante per conoscermi, per conoscere l’azienda Ciavolich, dove lavoro ancora, per fargli fare un’esperienza lavorativa durante la ormai lontana vendemmia del 2014. Proprio così, avrei dovuto insegnargli qualcosa, ma cosa? A fatica avevo appena iniziato a fare pace con me stesso, era solo da 4 anni che lavoravo come enologo, cosa avrei dovuto insegnare a questo ragazzo?? Boh! L’idea mi lasciò un po’ perplesso ed il giovane tirocinante, appena mi raggiunse in azienda, ancor di più! Si presentò con dei pinocchietti a riporto di un paio di Converse ignobilmente lucide, polo stirata a puntino, capello ordinato con riga rigorosamente da sinistra verso destra, viso sbarbato, evidentemente glabro, (difficile da credere per un gorilla come me!), ma quello che finì per appesantire ancor più le mie preziose “biglie”, già molto incandescenti, fu quando durante il colloquio disse:
“Sono un ragazzo che ha tanta voglia di imparare, ho fatto un anno di giurisprudenza ma non faceva per me, ho preferito cambiare indirizzo scegliendo Viticoltura ed Enologia, credo sia una facoltà adatta a me”
Cosa mi sarei potuto aspettare da uno sbarbatello in cerca di una meta senza cognizione? Francamente niente! Però era simpatico ed appena finito il colloquio rimanemmo fuori a chiacchierare un po’ per conoscerci meglio accompagnati da due calici di vino, poi altri due, poi ancora altri due. Finimmo dopo un paio di ore ad alzarci euforici dal tavolo ridendo a crepapelle, con una tipica allegria etilica. Fu così che conobbi Francesco di Michele, durante un torrido pomeriggio d’agosto, un calice dietro l’altro mentre parlavamo di sciocchezze in un’atmosfera di leggerezza come la vendemmia che seguì di lì a poco. Francesco non conosceva bene “l’habitat” della cantina ma aveva veramente molta voglia di imparare e tutto ciò per me fu piacevole, stimolante! Mi resi conto che ne valse la pena.
L’esperienza fu molto formativa per entrambi e a Francesco piacque così tanto da tornare la vendemmia successiva, ma questa volta non da solo bensì con un altro baldo giovane: Mr. Andrea Fusilli. Andrea era un ragazzo che aveva una formazione da Perito chimico, il che non mi dispiaceva perché gli avrei “appioppato” tutte le fastidiose analisi chimiche delle uve e dei mosti, era molto preciso in laboratorio, ordinato, spesso controbatteva le mie osservazioni, a volte troppo, a tal punto che stemperavo il suo animo con dei sani lavori umili di cantina! Ma il suo vero punto di forza erano le prelibatezze che si portava da casa per ora di pranzo, degne di un pranzo nuziale, fu per questo che io e Francesco lo battezzammo il “Baronetto”. Andrea e Francesco avevano due caratteri diversi, non fu facile coordinali in cantina, ma l’autonomia acquisita da Francesco spesso mi era d’aiuto per concentrarmi meglio su Andrea, anzi era Francesco che in molti casi indicava ad Andrea le conoscenze che gli avevo trasmesso l’anno precedente. Accadde quello che per molti sembrerebbe banale ma difficile da fare, trasmettere le proprie competenze senza paure. Furono questi episodi che innescarono lentamente in me un vortice irrefrenabile di confronto e bisogno di scambio di idee e conoscenze, la vera essenza di questi tirocini era nel mettersi in gioco tutti, me in primis.
Ci buttammo alle spalle un’altra vendemmia, ma c’erano tanti altri buoni propositi, Francesco ormai era prossimo alla laurea, gli mancava solo un particolare importante, la tesi. Senza tanto indugio non esitò a chiedermi di svolgere una prova sperimentale in cantina, ovviamente non potevo che acconsentire alla sua scelta. L’argomento di tesi fu incentrato sulla produzione di un Trebbiano d’Abruzzo 2016 ottenuto attraverso la fermentazione alcolica con due differenti lieviti selezionati. Un prova scientifica molto stimolante che segnò, negli anni a seguire, l’inizio di una serie di collaborazioni costruttive con diversi tirocinanti provenienti dal corso di Viticoltura ed Enologia dell’Università di Teramo e non solo, fu anche la miccia che scatenò la mia voglia di tornare nuovamente sui libri e completare il percorso universitario triennale con una laurea specialistica, idea che non avevo mai abbandonato, nonostante gli eventi avversi che avevano contraddistinto i miei anni dopo la prima laurea. Dopo Francesco, non poteva mancare Andrea che durante la vendemmia 2017 decise di svolgere la sua prova sperimentale di tesi osservando le differenze su un Trebbiano D’Abruzzo ottenuto mediante una fermentazione alcolica svolta da lieviti indigeni e selezionati all’interno di anfore di terracotta. Ma non finisce qui! Lo stesso anno insieme ad Andrea ci fu un simpatico ragazzo con i capelli ricci che non vedeva l’ora di svolgere il tirocinio in quello che ormai era diventato il nostro piccolo “tempio del vino”, si chiama Antonio Dogali, ex giovane giocatore di pallamano di Citta S.Angelo, di cui non potrò mai dimenticare i suoi brevi momenti di relax passati riposando stravaccato su un bancale di legno con la bocca spalancata contornata di moscerini dell’uva che durante la vendemmia invadono ogni antro della cantina. Antonio, come Andrea e Francesco, era molto “sui generis”, volenteroso come gli altri, ma molto più pacato nell’animo, infondeva molta tranquillità anche nei momenti di caos enologico. Quando faceva una “cazzata” in cantina non riuscivi ad inondarlo di rimproveri a causa di quel suo sguardo angelico da “bravo chierichetto” tanto che un giorno, tra i tanti episodi che potrei annoverare nella mia personale “enciclopedia delle cazzate dei tirocinanti di cantina allo sbaraglio”, gli capitò di scambiare il bianco e candido muro della cantina per una tavolozza da pittore da colorare con del buonissimo vino rosso in fermentazione su 5 metri di parete con effetto a “schizzo multiplo” da far invidia ad un artista come Jackson Pollock. Tanto fu il pentimento che decise di sua spontanea volontà di pitturare e coprire la sua opera d’arte con della vernice bianca ottenendo un risultato da vero pittore professionista. Fu così che da allora per noi diventò ”Tonino l’imbianchino”.
Antonio decise di svolgere un lavoro di tesi sperimentale sulla macrossigenazione dell’uva Montepulciano d’Abruzzo in fermentazione e visto che ormai con i vini rossi aveva dato modo di mostrare tutto il suo estro artistico, il risultato fu davvero molto interessante. Passò un altro anno ed un’altra vendemmia ed il 2018 fu la volta di Alessandro Luciani detto “il Presidente”, soprannome acquisito durante il periodo universitario per la sua attività di rappresentante dei studenti, ma in particolar modo per il suo atteggiamento da “sindacalista rompicazzo” che gli veniva meglio che fare il vino! Alessandro, è un ragazzo molto alto, con portamento distinto, a volte un pò snob, eccetto quando supera un certo tasso alcolemico in cui compie una metamorfosi “coatta” dando libero sfogo a tutti i suoi istinti primordiali. E’ un abile cuoco la cui presenza era molto gradita durante le interminabili serate di vendemmia in cantina, dove alla vista offuscata da una fame accecante spuntava la sua visione celestiale con una “cofana” di spaghetti alla carbonara che veniva accolto come il “Messia”! Con Alessandro svolgemmo un complesso lavoro sperimentale in vigneto per due anni, iniziato nel 2017 e concluso nel 2018, valutando l’incidenza del diradamento dei grappoli sulla qualità del vino finale su una cultivar di Cabernet Sauvignon. La sperimentazione fu resa difficile dalla tendenza climatica totalmente opposta delle due annate: l’estate 2017 molto torrida e viceversa l’estate 2018 molto piovosa e così umida che ricordo ancora la presenza massiccia di zanzare che dominava l’habitat sotto i pergolati e le continue spruzzate di Autan che il povero “Presidente” era costretto a fare alle sue gambe delicate e martoriate!
Ormai alla Facoltà di Enologia di Teramo avevo la fama di accogliere tutti gli studenti che volessero fare un’esperienza enologica mistica e difatti non tardarono ad arrivare altri strani giovani tirocinanti “enotraviati”. In prossimità della vendemmia 2019 si presentò uno strano ragazzo dai capelli corti, biondi con occhi azzurri alla Terence Hill, spiritati, dallo sguardo glaciale ed una risata malefica. Sembrava un personaggio dei Drughi di Arancia Meccanica, allorché mi trovai a riflettere con perplessità: una persona normale mai! Già trovare una ragazza tirocinante per sfatare il mito sessista che vede i maschi abbondare in questo settore è sempre stata una chimera, se poi quelli che arrivavano erano pure molto strani allora c’era da alzare le mani! Lo strano biondino si chiamava Matteo Selvaroli ed ormai, come consueta abitudine consolidata nel tempo in cantina, dovevamo trovargli necessariamente un soprannome, solo che non sapevamo quale. Matteo è un ragazzo irruento, una molla compressa, non riuscivi a finire di dargli un compito che già lo vedevi mettersi all’opera accompagnato da un buona dose di ingenua voglia di fare che spesso lo portava a fare una “compilation” di cazzate da farti girare la testa, ma che sapeva compensare molto bene con la sua grande abilità in laboratorio nelle analisi chimiche. Per questo lo soprannominammo “Crodino” come “l’analcolico biondo che fa impazzire il mondo”! Una vera tempesta che ogni tanto dovevi placare con delle prese di posizione e scontri verbali molto coloriti, ma d’altronde non potevo essere troppo esigente da chi stava iniziando ad approcciarsi ad un mondo che al contrario a me molto familiare. Con Matteo, francamente arrivai quasi al punto di gettare la spugna in alcuni momenti difficili della vendemmia, pensai che non saremmo andati oltre quell’esperienza, ma ancora una volta le mie sensazioni furono sbagliate. Matteo fece uno sforzo notevole, proporzionale al suo impeto, per portare a termine la sua prima esperienza da tirocinante in vendemmia e non si accontentò. Durante la vendemmia 2019 decise di svolgere il suo lavoro di tesi sperimentale in cantina con me, un bellissimo lavoro di indagine scientifica che mirò a tracciare geneticamente e quantitativamente la popolazione microbiologica di lieviti indigeni durante la fermentazione spontanea di un mosto d’uva di Pecorino e Trebbiano Abruzzese, all’interno di anfore di terracotta. Fu un lavoro esemplare che, in barba ad alcune mode che caratterizzano il mondo del vino attuale, contribuì a dare un interpretazione scientifica ad un fenomeno naturale che conosciamo da millenni.
Durante questi sei anni passati con strani e simpatici tirocinanti, la necessità di mettermi continuamente in discussione, enfatizzata dalla buona dose di entusiasmo e spirito d’iniziativa di questi ragazzi, ha fatto da volano per molte iniziative che ho intrapreso durante la mia “metamorfosi professionale”. L’intesa concettuale che ne è scaturita mi ha fatto rivisitare alcuni orizzonti esperienziali che nella vita professionale e personale non bisognerebbe mai precludersi. Da questo confronto di idee e di progetti sono nate nuove amicizie, vere e proprie alleanze, che mi hanno portato a conoscere altri colleghi “fuori le righe” come Lorenzo Pulerà e Simone Coluccia, con cui ho piacevolmente condiviso il corso di Laurea Specialistica all’Università di Campobasso; due vulcani in eruzione con un piacevole spirito partenopeo che non ti annoiava mai. Spesso le nostre riunioni “filosofiche” durante la pausa pranzo iniziavano chiamandoci fraternamente “Weee lo zio! Ma ciò facimm o’ cafè? Jamm bell” e continuavano parlando di rivoluzione digitale in agricoltura o di filiera corta, che tanto corta non era data la media delle nostre pause caffè di almeno un’ora e un quarto, però “o’ cafè” alla moka era spettacolare!
Con loro sono rimasto piacevolmente in contatto e, seppur ci vediamo poco ormai, le nostre conversazioni telefoniche hanno la durata di vere e proprie conferenze “Stato-Regioni” in cui ci confrontiamo su ogni possibile percorso professionale innovativo, ma anche per ricordarci le nostre interminabili pause pranzo “filosofiche” che si concludevano, come cantava il mitico Pino Daniele, “co na’ tazzulella è cafè ca sigaretta a coppa pe nun verè”. Finalmente l’idea di concludere la laurea specialistica è stata realizzata con un ambizioso lavoro sperimentale svolto tra il 2018 ed il 2019 nei vigneti dell’azienda Ciavolich a Loreto Aprutino. L’argomento della mia tesi ha riguardato l’utilizzo di mezzi ecosostenibili ed innovativi contro i temibili fitofagi della vite, un lavoro sperimentale lungo, che si è aggiunto ad altri lavori scientifici che da anni cercano di percorrere la difficile strada della sostenibilità in agricoltura. Questo percorso di vita, vissuto intensamente, mi ha risvegliato la voglia di scoprire nuovi punti di vista, nuove visioni del proprio percorso di vita professionale, sempre con lo stesso spirito e la curiosità di un ragazzo che approccia ad un nuovo mondo, consapevole che la meglio gioventù che sto vivendo ha ancora tutta la vita davanti!