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  /  cronache di vino   /  Sorprendenti Vendemmie: Tra Sogni ed Imprevedibili Mine Vaganti

Si può resistere alla tentazione di intraprendere nuove strade ma non al fascino di intraprendere nuove avventure. All’insegna di questo motto trascorsi il mio lungo autunno caldo del 2019, tra sogni, desideri, risultati e repentine pause di riflessione.

Come ogni anno la vendemmia per me è un turbinio di emozioni, uno stress emotivo oltre che fisico, ma pur sempre il periodo dell’anno più soddisfacente, dove si concretizza ogni aspettativa e questa volta di prospettive ne avevo molte. Non riuscivo ad immaginare uno scenario avverso ai miei programmi.

Le giornate di fine ottobre sono le più belle dell’anno, un piacevole sole tiepido ti accompagna nelle ore centrali del giorno e ti trasmette calma e tranquillità facendoti dimenticare la frenesia dei mesi precedenti. Solitamente saluto l’autunno tra i filari del mio piccolo vigneto di Pratola Peligna coinvolto da una leggera e festosa atmosfera di fine stagione: una chiacchiera, un sorriso scambiato con Mara, indiscutibile compagna di vita, una battuta fatta con Domenico, instancabile lavoratore e poi lei mia madre indomabile Professoressa, attenta critica osservatrice che non ha mai perso la voglia di trasmettere la sua immensa conoscenza!

Ormai è un rito che ripeto da ben 15 anni, tanti quanti ne ha il mio vigneto e, non a caso, è proprio da qui che cominciarono le mie avventure enologiche.

Ricordo che l’organizzazione del lavoro non era tra le più rigorose, tantomeno gli attrezzi da lavoro, ma lo spirito giusto c’era ed era più che sufficiente per cominciare. Preparammo cassette, forbici, pigiatrice con motorino elettrico integrato, ricavato da una vecchia lavatrice, il magico torchietto più bello da vedere che facile da usare ed infine gli storici ed intramontabili tini “improponibili” che ormai porto con me sin dalle prime imprese enologiche. Altro che “vin de garage” piuttosto direi “vin de bonne humeur”!

L’uva, non troppo matura, aveva una buccia robusta dal colore violaceo così consistente da crocchiare nella pigiatura emanando aspri odori vegetali tipici dei giovani tralci di vite. Una gioventù che nonostante la maturità raggiunta non voleva far perdere traccia. Non potevo trascurare questo dettaglio così, mentre versavo cassette di uva nell’ingegnosa pigiatrice brevettata da Domenico, ero sempre più convinto di come avrei dovuto trasformare quella magnifica uva in un calice ebbro di gioia e profumi d’estate.

Fu così che iniziò un’altra piccola avventura.

Il vino ottenuto mostrò subito i suoi connotati giovanili, briosi, così ingenui come chi vuol stupirti a prima vista senza porsi troppe domande. La leggerezza di un beaujolais nouveaux fusa con l’irrequietezza indomabile di un Montepulciano. Ero felice…Habemus vinum! Quale miglior ricordo di quell’annata meravigliosa se non quello di conservare ineguagliabili emozioni etiliche!

Fin qui fu tutto magnifico, salutai il 2019 con tanti buoni auspici nel cassetto, in particolare per una serie di traguardi personali che portarono il mio umore alle stelle, quasi da non crederci.

Il mio 2020 iniziò, come di consueto, con una fantastica uscita di sci alpinismo, perso tra pendii ripidi innevati ed il silenzio assordante delle vette solitarie d’Abruzzo. Un magnifico orizzonte sulla vetta lasciava presagire un’annata ricca di eventi straordinari. I primi due mesi dell’anno furono intensi di lavoro, in particolar modo a Loreto Aprutino nell’azienda agricola Ciavolich dove, da quasi dieci anni, esercito l’attività di enologo e, con grande piacere e devozione dedico anima e corpo nella riuscita di vini autentici, unici. Niente e nessuno poteva immaginarsi che l’inizio di questo entusiasmante percorso poteva interrompersi bruscamente. Purtroppo fu così, la terribile pandemia di cui si parlava già ad inizio anno arrivò e tutti i progetti, le aspettative e le nostre abitudini subirono un cambiamento repentino senza se e senza ma.

Trascorsero mesi di incertezze, di resilienza e di un’insolita solitudine vissuta, fortunatamente, lavorando duramente tutto il giorno, cercando di dare il proprio contributo a chi decise di resistere ai duri colpi che la pandemia stava infliggendo all’economia del settore. Non c’era altra alternativa, o si provava a cavalcare l’onda o se ne veniva travolti.

Due mesi di lock down sembrarono interminabili tra l’altro accompagnati da un inverno siccitoso molto atipico, ma con l’arrivo delle prime calde giornate di fine primavera, la pandemia sembrava ormai alle spalle ed un inguaribile ottimismo attecchiva nel mio animo, soprattutto motivato dal fatto che ero appena diventato papà!

L’Estate sembrava volare e tra vigne, vini, bambino e pannolini riuscii a barcamenarmi nell’organizzazione dei lavori in vigna ed in cantina. La primavera non fu molto clemente, anzi piuttosto piovosa, ma luglio ed agosto ci riservò il classico sol leone tanto atteso per gli amanti di mari e monti, un po meno per le povere viti assetate ormai con poche riserve idriche disponibili. Giorno dopo giorno senza rendermi conto arrivai a ferragosto, mancava poco all’arrivo di una nuova vendemmia che si presentava molto strana, avvolta da un’atmosfera davvero surreale. Bisognava raggruppare tutte le forze ma prima di iniziare un’altro tour de force decisi di fare una cosa: conservare qualche bottiglia di quel “vinello artisanal” che mi fece concludere il 2019 con un piacevole ricordo ormai lontano.

Ovviamente non poteva mancare il mio temibile squadrone: la paziente Mara, lo stacanovista Domenico e l’intramontabile Professoressa. Armati di coraggio e buona volontà organizzammo una catena di imbottigliamento da far invidia al più estremo dei vignerons naturels: riempitrice manuale in stile mungitrice da latte, tappatore ad “olio di gomito” e, dulcis in fundo, etichettatrice manuale brevettata a “palmo umano” il tutto corredato da un pentolino d’acciaio strappato dalla mia cucina per il sigillo finale in gomma lacca. Che dire, cosa voler di piu? Tutto ciò faceva brillare gli occhi come solo una propria creatura sa fare.

Bene! A questo punto ero prontissimo ad affrontare una nuova battaglia: la vendemmia 2020. Come dimenticare una vendemmia così singolare, calda sia nella temperatura che negli animi delle persone coinvolte, ma nel contempo tranquilla, grazie al tempo che si è mantenuto clemente fino agli ultimi giorni di raccolta. Sarà che a Loreto Aprutino il clima difficilmente è avverso ai viticoltori, ma di solito durante la raccolta delle uve, come ogni autunno che si rispetti, le piogge condizionano i tempi e le ansie degli addetti ai lavori e con loro le maledette muffe sulle uve! Ma quest’anno, seppur funesto, la vendemmia è andata avanti con un’incredibile regolarità e se le uve bianche sono state perfette  nelle loro caratteristiche, le uve di Montepulciano,  fin troppo mature, sono state a dir poco eccezionali. Come dimenticare una vendemmia cosi!

Anche se probabilmente ognuno di noi vorrebbe buttarsi alle spalle un’annata ricca di eventi difficili di cui ancora ne percepiamo la presenza, io non voglio dimenticarla e conserverò un ricordo di questo strano periodo a mio modo come faccio sempre, attraverso un vino, per catturare un momento, un’idea, il ricordo di un periodo difficile da rivivere ancora per vedere cosa ne può venir fuori. In fin dei conti c’è ancora molta strada da percorrere, molti desideri da trasmettere attraverso il “nettare divin” che lungo la via, piena di mine vaganti, possono scontrarsi e dar vita a nuovi scenari, nuove avventure, nuovi equilibri. Un po come nel bellissimo film di Ferzan Ozpetek “mine vaganti” in cui la pacifica e raffigurante figura della nonna, centro nevralgico dell’equilibrio della famiglia, compreso il malumore e le contraddizioni che aleggiavano ormai nella sua casa, lei che per anni aveva nascosto il suo disappunto con dolente e comprensiva saggezza, si propose con estrema determinazione a compiere il gesto del suicidio quale messaggio di un profondo atto d’amore nei confronti dei suoi cari tale da rompere ogni apparente equilibrio, perché come lei affermò: “le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti dove nessuno voleva farcele stare, a scombinare tutto, a cambiare i piani”.

Arrivederci 2020!

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