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MUSICA DA ASCOLTARE: Come è profondo il mare – Lucio Dalla

TESTO DA LEGGERE: Disagiotopia: Malessere, precarietà ed esclusione nell’era del tardo capitalismo – a cura di F. Andreola

TEMPO DI LETTURA: 5 minuti

Negli ultimi quattro anni si è evidenziata una lenta ed incessante disgregazione della forza lavoro agricola. Questo fattore è innegabile nella sua drammatica evidenza, probabilmente collegato ad una patologia sociale pregressa che ha lentamente coinvolto l’intero mondo agricolo. Se analizziamo obiettivamente il settore primario, la storia ci insegna che il mondo agricolo è stato vittima di innumerevoli periodi di crisi: Epidemie, impatto ambientale, incertezze commerciali e abbandono dei campi, dove la civiltà contadina con atteggiamento resiliente si è adattata sempre faticosamente. Proprio in tutela del mondo agricolo, l’Europa ha strutturato politiche agricole comuni molto evolute a partire dal 1962 in tutela del reddito e della produzione agricola per migliorare le sinergie tra l’ambiente operativo agricolo e le esigenze dei consumatori. In sintesi, rappresenta una stretta intesa tra agricoltura e società, tra L’Europa e i suoi agricoltori. Al suo sessantesimo anniversario, la PAC, attraverso misure di sostegno al reddito, al mercato e allo sviluppo rurale è ormai evidente che ha cambiato volto all’agricoltura europea rendendola tra i primi produttori al mondo di prodotti alimentari tipici. Negli ultimi anni le regole sulla condizionalità, all’interno della cosiddetta “baseline” per lo sviluppo rurale, hanno reso i nostri campi tra i più ecosostenibili in termini di produzione, un vero traguardo per le nostre importanti comunità agricole. Proprio quest’ultime però, sono chiamate ad una nuova sfida, un cambiamento epocale che il momento sociale contingente richiede, al quale non è concepibile un atteggiamento refrattario che spesso contraddistingue questo mondo. Adesso che ci troviamo nell’era del tardo capitalismo, come definiscono molti sociologi, dove precarietà del lavoro, malessere ed esclusione sociale infettano sempre più la nostra società industriale e dei servizi al consumatore, le nostre comunità agricole sembrano soffrire anche loro questo fenomeno che lentamente danneggia una dei punti cardini dello sviluppo rurale: la sostenibilità sociale. Come Agronomo tutto ciò mi spaventa. Un vero paradosso, oggi che disponiamo della migliore tecnologia e conoscenza in campo facciamo fatica a trovare qualcuno che la sappia applicare.  Basti pensare che nel mio contesto lavorativo, anno dopo anno diventa sempre più difficile trovare personale specializzato in campo regolarmente assunto e retribuito. Ormai si va verso una terziarizzazione delle operazioni colturali in campo seguita da una meccanizzazione spinta la quale obbligherà le aziende agricole a rimodulare scelte e modi di gestire le colture agrarie tipiche di un territorio.

Il mondo agricolo più volte ha dovuto affrontare crisi sociali ma questa volta sembra assumere dei contorni diversi. Se prima poteva essere un rifugio in tempi di crisi industriale ora non sembra esserlo più, subendo di riflesso un malessere che proviene dagli altri settori da cui ormai dipende strettamente.

Un testo molto attuale che ho scoperto recentemente e affronta tale argomento si chiama “Disagiotopia” a cura di Florencia Andreola. Nel libro viene disegnata una vera e propria mappa del disagio che infetta la nostra attuale società tardo capitalista. Anche se apparentemente il capitalismo ha sfiorato relativamente la nostre comunità agricole, in realtà ne paga indirettamente le conseguenze in quanto è collegato alla filiera che sta subendo questo momento di crisi. Nel testo si evidenzia che:

[…Il passaggio da una società salariale, con i suoi compromessi sociali di regolazione industriale, nel nuovo capitalismo viene sostituita da un nuovo soggetto produttivo, come lo definisce il sociologo Michel Foucault: soggetto economico attivo. La forza lavoro diventa una forza valore che vede quindi la dematerializzazione del capitale fisso e la sua trasformazione in capitale umano nel quale il lavoratore aziona autonomamente un processo di modificazione permanente attraverso l’educazione e la formazione fine alla capacità di valorizzarsi diventando così una cosiddetta risorsa umana. Quello che una volta era il soggetto produttivo ora si è trasformato in un soggetto prestazionale che deve necessariamente imparare a concorrere attivamente sul mercato e la sua importanza deriverà dalla capacità di sfruttare il suo potenziale. Vien da se che al nuovo soggetto prestazionale viene richiesta una mobilitazione totale non solo professionale ma anche emotiva in quanto efficace da un punto di vista commerciale ma che vanno a ledere la distinzione tra la sua vita privata e quella lavorativa creandogli un disagio psicopatologico notevole.]

Attualmente il nuovo modello imprenditoriale che l’UE promuoverà sarà molto più adatto ad un soggetto prestazionale rispetto ad un soggetto produttivo tipico del vecchio modello. Il nuovo programma PAC 2023-2027 tra i dieci obiettivi da raggiungere prevede un potenziamento della competitività in termini di mercato e condizionalità sociale del contesto agricolo europeo nei confronti del resto del mondo. Una bella sfida per un settore molto resiliente al cambiamento, specialmente in termini di nuove forme di capitalismo competitivo. Mi auguro solo che questo modello non porti ad ulteriori problemi sociali e occupazionali così come si stanno verificando negli altri ambiti lavorativi.

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